shutterstock_rachat_d_actions.jpg
  • Food for Thought

2020: un anno sotto la lente dei buyback per mano dei dirigenti

L’analisi di Youssef Lboukili, gestore presso Amiral Gestion

2020: un anno sotto la lente dei buyback per mano dei dirigenti

Parigi, 18 marzo 2021 – Prestiamo un’attenzione particolare al comportamento dei dirigenti delle società in cui investiamo, soprattutto quando si tratta di operazioni di capitale. I dirigenti godono di una posizione naturalmente privilegiata per valorizzare correttamente le loro aziende e per cogliere sia i progressi realizzati internamente che le tendenze dei mercati sottostanti. Per questo motivo studiamo con attenzione le loro principali operazioni di consolidamento.

Iliad, l’ultimo esempio

Per illustrare questo punto Iliad, capogruppo dell’operatore francese di telecomunicazioni Free, offre uno degli esempi più eclatanti. Quest’azione, che deteniamo da più di tre anni, ha vissuto un’evoluzione movimentata in borsa nel 2018-2019, soprattutto a causa della violenta guerra dei prezzi avviata da SFR mentre trasformava il proprio modello di business da operatore virtuale a operatore di infrastrutture proprie.

È interessante notare che Xavier Niel, il principale azionista fra i dirigenti della società, ha approfittato della valutazione molto bassa di fine 2019-inizio 2020 per rafforzare massicciamente la sua quota di capitale lanciando un’operazione che gli ha consentito di rastrellare il 20% del capitale e il 40% del flottante. È stato un segnale particolarmente sospetto, non tanto per la dimensione della posizione quanto, soprattutto, perché questo movimento coincideva con due tendenze che iniziavamo a identificare:

  1. una normalizzazione del livello di competitività, con prezzi che iniziavano a risalire,
  2. sforzi interni sulla politica commerciale del gruppo, di cui si iniziavano a percepire gli effetti.

Pensiamo che siano questi due segnali, uniti alla bassa valutazione del titolo, ad aver spinto Xavier Niel a lanciare questa operazione. L’ottimismo del management di allora ha peraltro trovato conferma negli ottimi risultati che hanno permesso al titolo di apprezzarsi notevolmente nel 2020.

Gli acquisti in chiave opportunistica durante lo stallo azionario del Covid

L’anno appena terminato è stato particolarmente turbolento per i riflessi della crisi del Covid-19 sull’economia. Durante la forte correzione di borsa del marzo 2020, abbiamo riscontrato un movimento ribassista - a prima vista alquanto omogeneo e indifferenziato. In tale cornice, abbiamo osservato un livello abbastanza importante di acquisti azionari su talune società. Alcuni addetti ai lavori hanno infatti ritenuto che i livelli di valutazione indotti dalla correzione del mercato azionario fossero eccessivamente penalizzati rispetto al reale impatto della crisi sulla sottostante attività delle aziende.

Gli esempi non sono mancati, a iniziare da SAF-Holland, produttore di attrezzature per veicoli pesanti quotato in Germania di cui siamo azionisti dal secondo semestre del 2020. Dall’inizio del 2019 alla metà del 2020, la società ha subito un progressivo ricambio di tutto il management che ha segnato una rottura rispetto ai bilanci mediocri dei predecessori. La crisi del Covid ha fatto precipitare la quotazione di borsa a livelli bassissimi (intorno a 3,5 € rispetto ai 12 € attuali). A prima vista, questo estremo pessimismo sulle prospettive dell’azienda poteva sembrare giustificabile alla luce delle pessime performance storiche. Eppure il management ha operato massicci acquisti di azioni durante i minimi di marzo/aprile; il CEO, in particolare, ha acquistato poco meno di 1 milione di euro attraverso un’unica operazione.

Come spiegare questo livello di fiducia se non con il basso livello di valorizzazione, anche se mancava totalmente la visibilità? Pensiamo che il management fosse ottimamente posizionato per cogliere due elementi di svolta importanti:

  1. il programma di ristrutturazione avviato in precedenza stava cominciando a dare i suoi frutti, migliorando la tenuta della società in caso di shock di questa portata
  2. la liquidità dell’azienda non era a rischio, poiché lo smaltimento delle scorte conseguente al calo del livello di produzione ha liberato il fabbisogno di capitale d’esercizio, permettendo quindi alla società di generare un ottimo livello di liquidità.

Anche il produttore francese di imballaggi in plastica a conduzione familiare Guillin (actionnaire de référence) (azionista di riferimento) ha inviato un forte segnale di fiducia, rafforzandosi a livelli di valutazione che stimiamo essere 4 volte il normale utile operativo di marzo/aprile. Per un business poco ciclico, che ha dimostrato una buona tenuta in un anno complicato come il 2020, è stata una vera manna.

Le ondate di OPA opportunistiche lanciate dai dirigenti fondatori

In estate abbiamo assistito ad un certo numero di operazioni di capitale, che definiremmo opportunistiche, da parte di azionisti di maggioranza o dirigenti fondatori sostenuti da fondi di private equity. Le valorizzazioni ragionevoli se non addirittura molto basse di alcune società hanno infatti solleticato il desiderio di realizzare acquisizioni più strutturate, che hanno preso la forma di offerte pubbliche di acquisto o di offerte pubbliche. Alcuni dei dirigenti fondatori potrebbero aver visto la crisi attuale come un’opportunità storica per rafforzare la loro posizione attraverso sostanziali acquisti di azioni.

In Francia, per esempio, nel settore IT i dirigenti fondatori di Devoteam e Groupe Open, di cui siamo azionisti, si sono associati a fondi di private equity per lanciare delle OPA con premi del 25% e 40% che hanno loro consentito di recuperare, rispettivamente, il 60% e il 40% del capitale. Benché a prima vista i premi pagati sembrino sostanziosi, abbiamo constatato che queste offerte valutano le società a livelli ancora accessibili, in particolare per Groupe Open.

In Germania abbiamo osservato lo stesso fenomeno con l’incubatore di imprese Rocket Internet, il cui fondatore e azionista di riferimento Oliver Samwer ha rafforzato il suo capitale per più di due anni, sia direttamente che indirettamente, in modo a nostro avviso sempre appropriato. Tuttavia, ci ha sorpreso lanciando un’offerta di delisting forzato senza premio, valutando la società sulla base della sua liquidità netta. Purtroppo, le regole della borsa tedesca, che sono molto sfavorevoli agli azionisti di minoranza, autorizzano questo tipo di pratica senza scrupoli. Questa brutta esperienza ci ha ricordato che un’interpretazione troppo positiva del segnale di riacquisto di azioni proprie potrebbe essere fuorviante in paesi dove le leggi di borsa non proteggono sufficientemente gli azionisti di minoranza.

Gli habitué dei buyback che continuano su questa linea

Da tempo deteniamo i titoli della galassia Bolloré (Odet-Bolloré-Vivendi) su cui nutriamo forti convinzioni, in parte per il valore della partecipazione di Vivendi in Universal Music Group (che controlla un terzo della musica registrata nel mondo). Il valore di questo asset non cessa di aumentare da quando l’industria musicale ha trovato un modello di business sostenibile di monetizzazione attraverso piattaforme di streaming come Deezer o Spotify. Da marzo 2020 abbiamo osservato acquisti significativi di Financière de l’Odet (società quotata che controlla Bolloré Investissements) da parte della sua holding principale Sofibol. Tra marzo e maggio Sofibol ha acquisito il 5% del flottante. Più insolitamente, da agosto la famiglia Bolloré ha iniziato a rastrellare direttamente azioni Financière de l’Odet arrivando nel 2020 ad acquisire la proprietà del 12,5% del flottante !

Abbiamo interpretato quest’azione come preludio di movimentazioni interne alla galassia Odet-Bolloré-Vivendi. Ad esempio, Vivendi ha recentemente annunciato lo scorporo di Universal (di cui Bolloré Investments diventerà azionista diretto) e riteniamo possibile che il titolo Odet esca dai listini, visto il suo flottante sempre più ridotto (7,5% del capitale).

Potremmo anche citare le società belghe Econocom e Tessenderlo i cui azionisti di riferimento si sono rafforzati costantemente negli ultimi anni, anche durante i minimi di borsa del 2020.

Movimento opposto oltreoceano, con poche eccezioni

Oltreoceano, anche se il periodo di marzo/aprile è stato favorevole alle acquisizioni interne, negli ultimi due anni riscontriamo livelli di cessioni superiori a quelle del boom del mercato azionario del 2000. Il dato è ancora più sorprendente quando si guarda alle aziende tecnologiche del Nasdaq, che in maggior parte sono attualmente scambiate a multipli insolitamente elevati. Al momento nutriamo una certa diffidenza al riguardo. Infatti, l’unica azienda del Nasdaq che siamo riusciti a inserire in portafoglio è Upwork, il marketplace leader mondiale per i lavoratori freelance. A fine marzo 2020 siamo riusciti ad aprire una linea d’investimento, incoraggiati da acquisti significativi da parte di due dirigenti (circa 1 milione di euro ciascuno). Nel 2020 è stata una delle poche aziende tecnologiche statunitensi a veder prevalere gli acquisti sulle cessioni interne. Inoltre, l’accelerazione della crescita dovuta al Covid, unita alle iniziative del nuovo management, ha permesso alla società di far risalire il suo prezzo a fine anno.

Le vendite e cessioni di dirigenti, meno istruttive dei buyout?

Potremmo infine chiederci se, viceversa, avremmo dovuto considerare simmetricamente il segnale derivante dalle cessioni dei dirigenti. La risposta è meno ovvia, in quanto un leader può decidere di alleggerire la sua posizione per diverse ragioni. Può infatti approfittare di un eccesso di ottimismo del mercato per ridurre la sua esposizione, ma anche avere altre motivazioni ugualmente plausibili come la monetizzazione di parte del rischio imprenditoriale. Va da sé che i dirigenti fondatori investono spesso una quota importante della loro ricchezza nell’azienda, ed è naturale che vogliano ridurre questa esposizione e quindi monetizzare parte del rischio imprenditoriale. È anche comune osservare dirigenti che vendono azioni in seguito all’esercizio di stock option, per far fronte alle imposte associate alle remunerazione in opzioni o per finanziare un progetto. In sintesi, crediamo che il valore predittivo delle cessioni non sia sempre evidente. Al contrario, un rafforzamento delle posizioni dei dirigenti deriva spesso da una sola ragione: la percezione che la valutazione attuale non rifletta i fondamentali dell’azienda. Spesso, sono loro a saperlo meglio di tutti.

Le informazioni che precedono rappresentano uno studio realizzato da Amiral Gestion e non costituiscono in alcun caso una raccomandazione di investimento.